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Come affrontare la rabbia... altrui

Ti sarà spesso capitato di trovarti in una situazione in cui la persona di fronte a te provava un tale stato di irritazione da diventare difficile il dialogo se non impossibile.

La prima cosa che ti consiglio è quella di cominciare a leggere eventi di questo genere come una “proiezione” di te stesso, ossia una realtà che tu stai creando. Molti riconoscono tutto questo etichettandolo come “specchio”: in pratica il comportamento bello o brutto altro non sarebbe che una proiezione di qualcosa che non è stato ben elaborato in noi.

La domanda d’ora in avanti dovrà essere questa: “in quale settore del mio inconscio ho registrato il mio temere di non essere perfetto per meritare attenzioni?”

In realtà la cosa è molto più complessa, ossia dovremo fare riferimento a quanto accaduto nelle vite passate, quali sono i legami che ci legano alle altre persone e così via.

Ma procediamo in modo semplice per comprendere “cosa fare” in queste situazioni.

Immagina una situazione o porta nel presente il ricordo di una situazione difficile per te o per chi ti stava davanti… anzitutto impara a dire dentro te ogni volta tutto questo dovesse verificarsi “quella rabbia è mia”, “quella rabbia è quella che ho temuto quando mi sono ritenuto imperfetto”, ma imperfetto agli occhi di chi? sempre di chi ci ha creati, ossia i nostri genitori.

Se tuo padre è morto quando tu eri piccolissimo o addirittura quando ancora eri un feto nella pancia di tua madre, ti sei ritenuto imperfetto perché non sei riuscito a “trattenere” tuo padre, questo come l’inconscio interpreta i fatti. Se tua sorella ha pianto il primo giorno di scuola è perché non sei stato sufficientemente perfetto per creare una situazione migliore e così via.

Quello che stai comprendendo ora è il linguaggio dell’inconscio che si alimenta di quelli che possiamo definire “sensi di colpa” che poi si tramandano di padre in figlio attraverso una legge a cui un giorno dedicherò un post.

Gustav Jung scriveva che “tutto ciò che non sale al livello della coscienza diventa un destino”, ciò significa che il nostro sentirci imperfetti da piccolissimi ad esempio quando nostra madre si assentava per andare a lavorare e ci lasciava dai nonni, oggi si proietta in una esigenza di altri, tipo di nostro marito, di nostra moglie, dei nostri figli, dei nostri colleghi di lavoro.

Leggere la realtà attorno attraverso questa interpretazione ci permette di riconoscere un potenziale mondo di pace. Che senso ha infatti farci prendere a nostra volta dalla rabbia? nessuno, perché se ci irritiamo altro non facciamo che “perpetuare” la memoria registrata in noi.

Ti invito, ogni qual volta ti trovassi in una situazione del genere, ad osservare il tutto chiedendo che la radice della memoria associata si neutralizzi. Il miracolo forse non sarà immediato, ma sicuramente comincerai a strutturare la tua libertà. Rimani sempre aggiornata/o sulle novità di Fabio Netzach, clicca qui.

 
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